Paolo Emiliani Giudici. Unì l’Italia con la letteratura partendo dal cuore della Sicilia

Alla scoperta dei luoghi dello scrittore e critico letterario scomparso centocinquant’anni fa. A Mussomeli, dove è nato, ancora viva la memoria del primo autore della “Storia della letteratura italiana”. Ma la Sicilia lo ha dimenticato

Nella piazza del Popolo di Mussomeli, alto borgo nel cuore dell’isola, aleggiano ancora le grida di quell’esattore delle tasse buttato giù da uno dei balconi del convento di San Domenico a cui fu strappato e poi mangiato il fegato da uno dei rivoltosi. Tragica storia seicentesca che toccò anche l’animo di Paolo Emiliani Giudici, scrittore e storiografo dimenticato, che in quel convento trascorse molti anni della sua infanzia.

 

A due passi dal monastero c’è ancora intatta la casa dove nacque duecentodieci anni fa, il 13 giugno 1812, il letterato che nel 1844 pubblicò, pensando già ad un processo di unificazione, la “Storia delle Belle lettere in Italia”, dieci anni dopo ristampata sotto il titolo di “Storia della letteratura italiana”.

 

Il suo nome vive ancora a Mussomeli e nella casa di proprietà dei discendenti che auspicano diventi un museo che racconti vita e opere di un siciliano che lasciò traccia di sé non solo nelle opere letterarie, ma anche in quelle pittoriche. E sì, perché Paolo Emiliani Giudici – da giovane avviato, contro la sua volontà, alla vita religiosa nel convento dei Domenicani di Palermo – era anche un raffinato pittore e incisore.

 

Lasciò ben presto la vita monacale per dedicarsi all’insegnamento e agli studi della filosofia. Se ne andò da Mussomeli e da Palermo per trasferirsi prima a Napoli e poi a Livorno, sua «seconda e dilettissima patria» dove arrivò la svolta della sua vita: il mecenate Annibale Emiliani lo adottò e per questo lo studioso siciliano assunse il suo cognome oltre a quello che gli veniva da un’antica famiglia che in provincia di Caltanissetta aveva anche amministrato la cosa pubblica.

 

Nella casa di famiglia spiccano le lapidi sulla facciata in pietra, una è del 1972: “A Paolo Emiliani Giudici, difensore della giustizia, ricercatore del vero e amante del bello nel centenario della morte”.

 

Giuseppe Maria Spera, uno dei discendenti dello scrittore e proprietario dell’antico edificio, conserva gelosamente libri e documenti dell’illustre antenato. Come quelle lettere inviate da Paolo Emiliani Giudici al fratello Giuseppe e alla famiglia, cimeli e parte della sua corrispondenza con gli editori. Molte cose purtroppo andarono disperse. La moglie dello scrittore, la gentildonna inglese Ann Alsanger, aveva destinato tutto a Mussomeli, ma morì in circostanze misteriose mentre veniva proprio in Sicilia per trasferirsi, dopo la morte del marito, dai parenti.

 

Emiliani Giudici è stato un liberale, un patriota che con i suoi libri gridava all’unità d’Italia. La sua “Storia della letteratura italiana”, scrisse, fu il «primo esperimento che si faccia in Italia di trattare intera la Storia delle nostre lettere con critica filosofica derivata dai fatti».

 

Tra il 1851 e il 1855 pubblicò la “Storia dei Comuni italiani”e una decina di anni dopo la “Storia del Teatro in Italia” e la “Storia politica dei Municipi italiani”.

 

Deputato del Regno, fu tra i seguaci di Urbano Rattazzi, presidente della Camera e più volte ministro. Non dimenticò mai la Sicilia che guardava anche con lo spirito di critico letterario. Diede infatti un grande valore alla Scuola poetica siciliana, d’accordo con Petrarca quando sosteneva che «l’arte di verseggiare» nasceva in Sicilia e che i siciliani furono «i primi a poetare di amore». E poi ricordava sempre Dante quando sottolineò che «tutto ciò che in volgare screeves si chiamava siciliano». Approfondì anche la parlata degli arabi che, a suo avviso, influì sul «movimento morale della Sicilia». E molto scrisse dei meriti di Federico II e dei «benefici da lui resi alle lettere, gli sforzi d’ogni maniera che egli fece a diffondere ed incoraggiare la cultura».

I luoghi di Paolo Emiliani Giudici resistono ancora, e non solo a Mussomeli. A Palermo, nel convento dei Domenicani, si conserva la sua tela dedicata a San Sebastiano. E nel suo paese natale, che definì «fiore della Sicilia», la sua casa natale, le chiese di Sant’Antonio e della Madonna dei Miracoli e quel che resta del palazzo dei principi Trabia. E il convento che frequentò dove è ancora intatto quell’angolo della grande scalinata, rifugio notturno per le letture del giovane Giudici, sottolinea l’assessore alla Cultura di Mussomeli Jessica Valenza.

 

Una scuola e una strada portano il suo nome. E un busto bronzeo del 1912 spicca nella piazzetta che si trova tra la sua casa e il vecchio municipio, ora sede di un museo.

 

“Stiamo lavorando per valorizzare al meglio i luoghi di questo grande siciliano – tiene a precisare il sindaco Giuseppe Catania, da poco eletto all’assemblea regionale siciliana – per riscoprire non solo le sue opere letterarie, ma il suo impegno politico-patriottico con lo sguardo fisso alla sua Sicilia”.

 

Paolo Emiliani Giudici finì la sua vita in Inghilterra la vigilia di ferragosto del 1872. La sua tomba è stata ritrovata nel 1972 dal suo concittadino Giuseppe Messina, dando così un supporto importante alle ricerche e agli studi di Maria Geraci.

 

Dalle finestre della sua casa il giovane letterato ammirava le colline della Sicilia interna e il monte San Paolino di Sutera. Il paesaggio è ancora quello. Pronto a essere fissato dallo sguardo di turisti e viaggiatori alla scoperta di un siciliano che ha unito l’Italia con la letteratura.

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