La Carbonara di Piddu Galluzzu

Nella Taverna di Monreale questa Carbonara sicula era un piatto molto richiesto dalla clientela perché preparato con passione utilizzando genuini ingredienti di questa terra

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Siamo nel mese di Settembre del 1959, le campane avevano appena suonato il rintocco di mezzogiorno e Nonno Pippinu, in attesa che si facesse l’ora di pranzo, traffichiava con le sue botti per riempire di vino le caraffe di terracotta smaltata.

Come capitava spesso in quegli anni, a un certo punto s’apprisintau alla taverna di salita Valenza con il solito panaru pieno di uova fresche Piddu Galluzzu, conosciuto da tutti come u iaddinaru perché si guadagnava da vivere allevando galline.  

 

Quel giorno però, con la scusa di farsi cucinare il suo piatto preferito, i maccarruna con una ricca crema di uova – quelle delle sue galline – e pecorino stagionato, Piddu si trattenne a parlare con Nonno Pippinu, lamentandosi per il comportamento di sua moglie, Donna Adelina, che ultimamente passa – a suo dire – gran parte delle giornate in chiesa, trascurando i tradizionali compiti di moglie sicula, casalinga felice di prendersi cura del proprio marito, al quale le usanze la vedono sottomessa.

 

Mastro Piddu Galluzzu dopo aver finito di gustare la Carbonara di Nonna Nina, resa unica e sicilianissima dai ritagli di pùorcu (il maiale, invece del guanciale che è proprio della ricetta romanesca) e bevuta una bella caraffa di vino rosso ri Murriali, ma soprattutto dopo aver concluso l’accorato sfogo con Nonno Pippinu, lo implora di andare a trovare Padre Nino, il parroco della chiesa in cui la moglie Adelina trascorreva buona parte delle sue giornate, per cercare di vederci chiaro.

 

Anche se aveva avuto accanto Nonna Nina – donna molto religiosa, devotissima di Sant’Antonio – per così tanti anni, Nonno Pippinu non poteva certo dirsi un assiduo frequentatore della Casa di Dio, se non quando veniva costretto da eventi straordinari. Congetturò quindi di andare a confessarsi per avere l’opportunità di parlare a quattr’occhi con il parroco della situazione di mastro Piddu.

Con sua grande sorpresa notò che Padre Nino, nel vederselo spuntare in sagrestia, si stracanciàva ‘nda facci (cambiava colore in viso) e intuì subito che nella frequentazione della chiesa da parte della moglie di Piddu Galluzzu c’era qualcosa di più che una semplice e genuina religiosità.

A quel punto i ruoli si invertono e sarà il parroco, imbarazzatissimo, a confidare a Nonno Pippinu di aver avuto, prima di prendere i voti, una storia d’amore con l’allora giovanissima Adelina, sino a confessargli con le lacrime agli occhi che il loro sentimento era ora rinato.

La notizia si diffuse in un fulmine sull’onda del cuttìgghiu, il più veloce social-network di sempre, e potete immaginare lo scandalo che scoppiò in paese. Don Nino venne subitaneamente trasferito nella parrocchia di una piccola cittadina del Nord Italia mentre Donna Adelina lasciò Piddu Galluzzu, il marito che non ava mai veramente amato. Quest’ultimo fu da li a poco miracolosamente salvato dai suoi due fratelli che sventarono il suicidio da lui tentato lanciandosi da un alto albero di noci dopo essersi legato una corda al collo, per il dispiacere procuratogli dal tradimento della moglie.

 

Qualche anno dopo però il prete lasciò il sacerdozio e tornò in Sicilia per ricongiungersi con Adelina in un tranquillo paesino dell’entroterra, mentre U iaddinaru conobbe una donna di cui s’innamorò perdutamente e con la quale visse serenamente.

Come diceva Nonno Pippinu: “A Vituzza runa, leva, riduna” (la Vita dà, toglie, restituisce).

 

Questa la Lista degli Ingredienti per 2 persone:

  • 200 g Spaghetti di Grano duro
  •  100 g Guanciale di Maialino nero dei Nebrodi
  •  2 Tuorli
  •  80 g Pecorino Siciliano
  •  Sale q.b
  •  Pepe nero q.b

 

Tagliate il guanciale a strisce strette e irregolari. Mettetelo in una padella a fiamma bassa.

 

Quando il guanciale è croccante, spegnete sul fuoco, quindi mettetelo in una ciotolina con la carte assorbente. Il grasso del guanciale lasciatelo in padella.

 

Mettete 2 tuorli in una ciotola.

Aggiungete pecorino grattugiato, pepate, quindi aggiungete 2-3 cucchiai del grasso del guanciale, amalgamate con la frusta.
Stemperate se è il caso il composto con l’acqua di cottura della pasta, amalgamate bene finché non avete ottenuto un composto cremoso.

 

 Quando l’acqua della pentola bolle, calare la pasta.

 

 Scolare gli spaghetti senza sgocciolarli troppo e metteteli nella padella a fiamma bassa, quindi mescolate bene in maniera che tutto il grasso oleoso del guanciale si aggrappa alla pasta.

 

 Subito dopo versate dapprima il composto dei tuorli sulla pasta, amalgamate bene e velocemente, quindi infine il guanciale, saltate velocemente.

 Impiattate, quindi prima di servire aggiungete a piacimento altro pecorino grattugiato e pepe macinato all’istante.

 

 
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