Si può dire di lui che li ha lasciati in mezzo alla strada. A Leonardo Sciascia, ad Andrea Camilleri e persino al commissario Montalbano, quello vero coi baffi. Ne ha modellato sguardi e movimenti, li ha studiati e poi li ha consegnati a passanti e turisti, giovani e anziani. E’ Giuseppe Agnello, lo scultore degli scrittori che ha conosciuto, il ritrattista di letterati suoi conterranei e contemporanei.
Sciascia passeggia con l’immancabile sigaretta nella piazza della sua Racalmuto, a due passi dal circolo che frequentava. Andrea Camilleri in via Atenea ad Agrigento seduto al tavolino, vicino a bar e librerie, fuma anche lui l’ennesima sigaretta. Due libri sul tavolo rotondo pronti per essere autografati. L’altra sedia, accanto a lui, vuota. Alle sue spalle la piazza dove è nata – lo raccontava lo stesso Camilleri – Vigàta: “Perché lì, al centro di quella piazza, ogni studente raccontava la storia del suo paese… La grande piazza era come dieci paesi siciliani insieme, riuniti…”.
Giuseppe Agnello, sessant’anni il 9 dicembre, preferisce stare lontano dai riflettori: studia e opera nel suo laboratorio immerso tra pini e ulivi nella collinetta del Serrone, a Racalmuto, tra corpi nudi in mezzo alle paludi, teste di alabastro, boccioli, infiorescenze, pecore, civette e Icari morenti. Va e viene da Palermo, dove è docente di Scultura all’Accademia di Belle Arti.
Su Andrea Camilleri, quando lavorava alla statua, ci aveva detto: “Non lo frequentavo, ma quella volta che venne a Porto Empedocle a inaugurare la statua che avevo fatto di Montalbano, mi colpì la scena di quando eravamo seduti al bar, dopo la cerimonia. Lui fumava e firmava libri ai turisti e noi attorno a lui. Ecco, quell’immagine mi è cara e l’ho voluta regalare a tutti. Il mio Camilleri ha l’età di quando l’ho conosciuto nei primi anni 2000”.
Lo scultore, in questi ultimi anni impegnato nella ricerca del rapporto tra uomo e ambiente, terra e corpo, non nasconde la sua soddisfazione nell’aver tracciato i tratti somatici del grande e indimenticabile Camilleri, che ha lasciato questo pianeta il 17 luglio di tre anni fa e che in questi giorni verrà ricordato nel suo paese grazie all’associazione Oltre Vigàta e dal Fondo romano che porta il suo nome.
“È stato più semplice realizzare Andrea Camilleri rispetto a Leonardo Sciascia che aveva una complessità anche nel volto e nel corpo”,spiega lo scultore. “Penso che a Camilleri questa statua sarebbe piaciuta e forse mi avrebbe dato qualche consiglio come fece quando realizzai, per la piazza di Porto Empedocle, la statua di Montalbano. Mi scrisse una lettera nella quale mi descriveva il suo commissario. Gli mandai le fotografie del calco in gesso. Mi chiamò al telefono, mi parlò di Pietro Germi. Ne è venuto fuori un commissario con la faccia di un siciliano degli anni Cinquanta, baffuto, capelli folti e tirati indietro e con gli occhi simpatici. Mi disse che erano queste le sembianze del commissario dei suoi libri, forse l’avrebbe voluto un po’ più panciuto”.
Niente a che vedere con il Salvo Montalbano che vediamo in tv. “Sì è diverso, credo che gli sarebbe piaciuto vedersi in bronzo, far parte di un percorso di statue di scrittori tracciato prima da Pirandello, a Porto Empedocle, poi da Sciascia a Racalmuto. Certo, rispetto a venticinque anni fa, quando pensai a Sciascia sul marciapiede, tante cose sono cambiate. Allora una statua come quella non era così diffusa. Non sono stato un genio, per carità! George Segal fu il primo a togliere il piedistallo alla scultura. Nell’800 la scultura era celebrativa, poi è diventata linguaggio, racconto. Nel ‘97 la statua di Sciascia a Racalmuto fu tuttavia un momento di rottura. Oggi se Camilleri ce lo ritroviamo seduto su una sedia in una piazzetta, non si scandalizza più nessuno. Forse questo avrebbe divertito i due scrittori”.
Sciascia e Camilleri, Nanà e Nenè. Uno ha inventato Regalpetra, l’altro Vigàta. Paesi immaginari che confinano con Racalmuto e Porto Empedocle. I due sono morti a distanza di trent’anni. Giuseppe Agnello li ha conosciuti entrambi. Fu proprio il maestro di Regalpetra a inaugurare una delle sue prime mostre, dopo che andò a vedere le sculture di quel suo giovane compaesano. Era il 1985. Agnello aveva appena 23 anni. Da allora Agnello non si è più fermato. Viene influenzato e si lega artisticamente a Salvatore Rizzuti, il suo maestro. Milano, Massa-Carrara, la Svizzera. E poi il ritorno in Sicilia.
“Sì, è vero. Mi sento onorato di aver realizzato i ritratti di questi grandi scrittori – dice – ma c’è altro che m’inquieta in questo terribile momento storico che stiamo vivendo. Sciascia, Camilleri e tanti scrittori della loro generazione non ci sono più. I loro libri raccontano una Sicilia che non c’è più. La nostra terra si sta svuotando, i giovani se ne vanno. Chi ne parla? Sono solo i boccioli che racconto nei miei lavori esposti in questo momento nella mostra “Come pietre nel paesaggio” al castello Chiaramontano di Racalmuto. Purtroppo non c’è stato in questi anni un reale cambiamento. Non sappiamo più cosa siamo, qual è la nostra identità. Noi siamo cresciuti alla fine di un mondo, quello contadino, che tanto ha dato alla nostra isola. Oggi che siamo? Cos’è la Sicilia di oggi?”
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Giuseppe Agnello sa, malgrado tutto, che l’isola ha ancora una grande forza. Sa che i giovani, quelli liberi, quelli che non cercano raccomandazioni, quelli che non “leccano la sarda”, sono la vera forza della Sicilia. Con i giovani, Agnello trascorre gran parte delle sue giornate, in Accademia: “La politica, le istituzioni culturali, tutti noi dobbiamo dare più fiducia a loro e fare in modo che non lascino l’isola o quantomeno di invitarli a tornare. Diamogli le chiavi del futuro, forse eviteremo di lasciarli in mezzo alla strada”. Come ha fatto lui con le statue di Montalbano, di Sciascia e di Andrea Camilleri.