Fluctuat nec mergitur, ondeggia ma non affonda, la frase è antica quanto la civiltà che ha governato il mondo per mille anni e che al mondo ha insegnato la forza del Diritto.
Per i Romani lo Scilicet era una nave dalla strana forma curvilinea in grado di affrontare ogni tempesta proprio per la sua capacità di galleggiare tra i flutti.
Quell’imbarcazione, così performante nelle difficoltà, faceva dire ai suoi nocchieri che la cosa più importante fosse navigare ancor più di vivere.
La frase latina e lo Scilicet sono, da sempre, lo stemma della città di Parigi.
Come se gli abitanti di quel luogo straordinario – costruito lontano dal mare – avessero compreso l’importanza del sentirsi nave in perenne navigazione nella tempesta della vita.
All’indomani dell’orribile strage del Bataclan del 13 novembre 2015 (137 morti e 368 feriti) la frase, simbolo di Parigi, fu dipinta su tutti i muri e proiettata – in forma gigante – sulla Tour Eiffel.
L’idea della resilienza umana, al di là e al di sopra della stessa morte.
Qualcosa unisce Palermo e Parigi in questo rapporto resiliente con le avversità: entrambe sanno che l’unico modo per sopravvivere è quello di affrontare il mare senza alcuna paura di affondare.
Ma tra le due città vive una differenza di non poco conto.
La capitale parigina affronta la sua navigazione con la coscienza della Grande Bellezza che quella navigazione attribuisce alla vita.
La capitale siciliana con il pessimismo cosmico di chi non ama il mare e solo ne sente il peso come una croce (avrebbe detto il compianto Pino Daniele).
Mentre vi scrivo, mi trovo proprio davanti al mare dell’Addaura.
Limpido, terso e profondo come non mai: una bellezza sconfinata.
Vedo passare tre gommoni ad alta velocità e dentro energumeni panormiti che – a tutto volume – inquinano quel luogo sacro con sguaiate musiche napoletane.
Lo stupro di quell’infinito silenzio della costa è conferma di verità.
No. Palermo non sarà mai Parigi perché la sua gente nulla conosce di tutto ciò che il mare può insegnare…