Everybody gone surfin Surf ’N Design!

Il Safari del Design sono le escursioni turistico-sentimentali nei mercatini siciliani dell’usato alla ricerca del piacere, della poesia, dell’humor e della magia

di Luigi Patitucci, con Johnny Design aka Francesca Ponti

 

Un’opera d’arte è un oggetto privo di alcuna utilità ma con un valore spesso elevato e abbastanza definito.

Un oggetto di design ha invece un’utilità ben precisa, e spesso un valore aggiunto dato dalla ricerca costruttiva, formale e culturale con cui è stato progettato e costruito.

 

Questo fa sì che gli oggetti di design, un po’ come le opere d’arte, riescano ad avere una valore commerciale e simbolico che si mantiene nel tempo, variando secondo il successo che l’elemento riscontra e, quale conseguenza, riescono ad avere anche una vita più lunga di quelli considerabili come oggetti di uso comune.

 

Sono quindi particolarmente adatti all’esercizio frenetico di una pratica che, grazie all’uso dei social e delle varie app diviene sempre più attuale, spesso venduti e comprati usati, e più sono vecchi più sono ricercati e dunque costosi. “Siamo figli di Lacan e Venturi. Il piacere, la semantica, la poesia, l’humor, la magia, devono essere considerate funzioni alla stregua di altre più utilitaristiche.” (Philippe Starck).

 

Belle parole, eh?

Sapete bene ormai, che la mia attività di scouting tra giovani e vecchi tossici del design è inarrestabile. E che a ragione di ciò, con l’insaziabile complicità della redazione, ho inteso dare voce, in questa rubrica a tutti coloro che, come me, amano percorrere con somma prurigine tutti quegli anfratti, seducenti e perversi, ove si muove e si esprime oggi la disciplina sapiente del design. “Non si tratta di incontrare dei designers. L’attività principale ( …del designer, NdA) sta nell’osservare le pattumiere, visitare i bar sadomaso, esplorare i più reconditi aspetti dell’umano”. (Philippe Starck, Appunti, 1987).

 

Sulla scia di quanto detto, la mia attenzione questo mese si è indirizzata nella direzione di Johnny Design aka Francesca Ponti, che sta frequentando il Corso di laurea in Design del Prodotto al Politecnico di Milano, ma è anche una insegnante di pianoforte. Questa studentessa ha deciso di aprire insieme al padre, architetto e mobiliere, una pagina su Instagram dal titolo evocativo e sfrontato di “Designironico”.

 

Il protagonista della pagina – Jhonny Design per l’appunto – intrattiene il pubblico con battute satiriche indirizzate ad alcuni prodotti di design, cercando allo stesso tempo di trasmettere conoscenza. Trovate tutti i lavori di Francesca Ponti designer sulla piattaforma Behance.

 

Johnny Design ha prodotto per Design Paper*s una riflessione, da me ampiamente condivisa, su un agire comune e dilagante, quello del Safari del Design, la caccia grossa nella giungla urbana dell’oggetto prezioso e, per lo più dimenticato, de-tronizzato e spesso, molto spesso, de-squamato. Eppure bisogna dire che il vintage non è considerato, a pieno titolo, quale categoria che accoglie tali preziosi oggetti d’elezione che hanno fatto la storia del design. E questo anche e soprattutto da parte degli storici e dei critici della disciplina che relegano tra le attività mondane e lussuose del più attuale Made in Italy, mentre questi oggetti roboanti ed eclettici, come quelli dapprima menzionati, sono ancora capaci di innestarsi attivamente nell’immaginario collettivo, stimolando nuovi, seducenti stili di vita domestica.

 

Tant’è che – in quanto designer e dunque osservatori clinici del Carnevale umano – a me e a Johnny Design piace ciò che diviene rituale pervasivo, evasivo e irrinunciabile, da parte di un consumatore che oggi è sempre più elegante e colto per la possibilità di disporre di informazioni pressochè illimitate cui accedere. Perfetto per quello che a noi piace chiamare il design surfin, pratica che consiste nel comprare alcuni oggetti di design per arredare le nostre abitazioni e, dopo un po’ di tempo rivenderli, per poterne acquistarne di altri. Magari solo per il piacere di rinnovare, un po’ come si fa con gli abiti, o magari perché cambiare oggetti stimola ed arricchisce culturalmente.

 

Vendo una lampada “Eclisse” di Vico Magistretti, per comprare una “Parentesi” di Achille Castiglioni e Pio Manzù (1971). Rinuncio a delle moderne “Louis Ghost” di Philippe Starck, per delle più datate “Superleggere” di Giò Ponti. Mi divertirò nella ricerca e nelle contrattazioni atteggiandomi un po’ a curatore del mio piccolo spazio di design. Così facendo la nostra casa diventa il nostro mare, gli oggetti di design le nostre tavole da surf e noi saremo i surfisti che cavalcano le onde. Surfisti del design.

 

 

In Sicilia gli spot d’elezione, come si usa dire nella pratica del surf – tradizione di famiglia a me cara e che mi vede come vecchio pioniere – dunque degno di rispetto dai giovani e strepitosi leoni, sono ubicati, rigorosamente ogni domenica mattina, nella città di Palermo a Piazza Marina, attorno al giardino Garibaldi, e a Catania lungo Via Dusmet agli Archi della Marina, entrambi mercatini ‘monta e smonta’.

 

Ho trovato il mitico “Grillo” di Marco Zanuso, nel mercatino palermitano di piazza Marina a un costo simbolico, una volta si sarebbe potuto dire ‘politico’. Il primo telefono al mondo ad essere morbido, fluido, sensuale, disegnato da Marzo Zanuso che, peraltro, fu docente proprio nell’ateneo palermitano lasciando delle tracce indelebili nei suoi allievi. Tracce che riverberano ancora oggi per l’approccio di metodo rigoroso e allo stesso tempo capace di implementare le migliori frequenze espressive del proprio tempo, mediante l’accoglimento di un’attività ludica che, nel darsi forma, diviene elemento di seduzione roboante.

 

Ve ne erano due di ‘Grilli’, identici, gemelli e sembravano aspettarmi. Qualcosa di simile mi è accaduto a Cosenza, con due televisori “Algol” di Brionvega, sempre figli del genio di Marco Zanuso e di Richard Sapper, due giganti della storia del Design, di cui conservo nel portafogli, con sacrale e inossidabile devozione, i santini. E il costo del televisore, che fa ora bella mostra nella mensola del mio studio di casa, ove sono solito ritirarmi a comporre questi miei sproloqui per voi, miei cari lettori Design Victim, era uguale a quello del telefono di Palermo, dopo quasi venti anni.

 

Ma sentite cosa dicono ancora oggi gli sciamani della Brionvega: “Algol* è sempre stato li, con quel suo modo spavaldo di porsi, rivolto totalmente verso di noi, per una fruizione meno rigida, più partecipe e consapevole del mezzo televisivo. Portabile per essere come tutte le cose di cui ci si innamora, inseparabile. Nel 1964 Marco Zanuso e Richard Sapper firmano il TV Algol 11. Realizzato con materiale plastico colorato (ABS) e con l’utilizzo dei transistor. La forma organica, caratterizzata dall’inclinazione della parte anteriore della carrozzeria che si conclude con lo schermo, permettendo la visione anche quando l’apparecchio è posato a terra. M. Zanuso lo ha paragonato ad un cagnolino che guarda in su il suo padrone. Nel corso degli anni verranno realizzate diverse versioni, si aggiungerà la gestione del colore, ma tutte le versioni manterranno immutato il concetto originale dell’Algol. *Prodotto rigenerato (anno di produzione 1998) ”.

 

Tempi di consegna dichiarati dall’azienda: entro 7 giorni, e alla modica cifra di 1.189,50‎ euro potete farlo vostro. Alla faccia del Vintage! Meglio non dirvi quanto poco ho sborsato per averlo, rischierei il linciaggio.

E’ sempre la stessa, solita storia che si ripete, e non so dirvi quando avrà fine.

Everybody gone surfin.

Surf ‘N Design!

 
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