L’impossibile a pochi passi dal mare, conversazione con Pasqualino Monti

Made in Sicily incontra Pasqualino Monti. Il manager che ha concretamente aviato la riqualificazione della costa della città.

Sullo sfondo un aforisma di San Francesco che si conclude con la parola impossibile. Quasi quel muro sappia quale domanda sono venuto a fare.

In qualunque altro contesto sarebbe stata una domanda banale, una a caso, come anche la risposta, qualunque fosse stata.

Il senso di quella domanda per me risale esattamente a 20 anni fa, quando sentii pronunciare la parola waterfront di Palermo. Non era la prima, ma sarebbe stata l’ultima volta nella quale avrei prestato attenzione o interesse al mio interlocutore mentre pronunciava quella parola.

Venti anni prima la pronunciò tra gli altri Italo Rota, nel processo di sistemazione del prato del foro italico, al quale collaborai con entusiasmo. Il prato ancora adesso è più o meno come realizzato in quell’occasione. Doveva essere il primo pezzetto di un complessivo lavoro sul waterfront. Italo mise delle panchine vicine al mare, sembrò una rivoluzione epocale, segno della pacificazione di Palermo con il suo elemento. Un grande piano. Un primo passo. Lo sappiamo, si fermò li. La parola fu usata negli anni seguenti, avevo imparato la lezione, e fui ben attento a non ascoltare.

È quasi impossibile spiegare a chi non è di Palermo che per noi il mare non è mai stato quello che avevamo davanti, sotto il balcone di casa, o al porto vecchio, o quello dietro la pompa di benzina di Via Messina Marine, si quella costruita proprio sul molo (tranquilli è stata tolta). Ma il mare di Mondello, ovvero il mare di un borgo a dieci chilometri dal centro della città.

E per chi come me ama viaggiare è difficile spiegare come ci si sente vedendo rinascere dal mare città come Barcellona e Marsiglia.

Ero curioso di conoscerlo, lo confesso. Pronto ad affrontare il rigore e la distanza che ci si aspetta da chi ha prodotto un risultato che è destinato a cambiare per sempre il futuro della quinta città d’Italia; ed agganciata ad essa i destini di almeno metà dell’isola. Il Sistema Portuale Sicilia Occidentale riguarda infatti i porti di Palermo, Termini Imerese, Gela, Porto Empdocle, Trapani, Licata. Come lui stesso sostiene il porto è la prima cerniera di interscambio con tutto l’entroterra. Se l’entroterra è il prodotto, a questo accedi dal mare, se vivi in un’isola. Pensieri semplici, per carità, ma in Sicilia lo sappiamo suonano rivoluzionari.

Questa epocale trasformazione della città è avvenuta in pochissimi anni. Demolendo e smaltendo circa 500.000 tonnellate di sfabricidi e rifiuti, ed intervenendo su un’area di oltre 45.000 metri quadrati. Quella che oggi conosciamo come Molo Trapezoidale, incastonato tra il Castello a Mare, ed il mare, al cui centro un lago di 8500 metri quadrati. Potete farvi un’idea qui dell’immenso lavoro realizzato.

Tutto è stato compiuto affrontando, immagino, anche l’inerzia dei miei concittadini, che avranno ascoltato la parola waterfront e tutti i progetti connessi, pronunciata da Pasqualino la prima volta, con la stesso sguardo sornione e disincantato che avrei avuto io.

Nel frattempo mentre questo intervento da 30 milioni di euro veniva realizzato in tempo da record, il traffico marittimo arrivava a cinque milioni di passeggeri l’anno, dal milione del 2017. Crescendo dell’ 1,7 % anche nel 2023, anno di crisi per il sistema portuale italiano con cali medi del 3%.

Ci accoglie scusandosi per il ritardo. Stimabile tra cinque e dieci minuti. Dare valore al tempo proprio e degli altri non è usuale a Palermo.

Di lui so che è un economista e che prima di Palermo aveva prodotto risultati importanti anche a Civitavecchia. Sapevo anche che ha ottenuto un importantissimo premio dalla NIAF l’associazione americana, non nota in Italia quanto dovrebbe, che premia gli italiani che mantengono alto onore e cultura italiana. Per intenderci la stessa che ha premiato Frank Mancuso, produttore del Padrino.

Conoscevo la sua storia. Chiedergli mi è sembrato però un modo amichevole per rompere il ghiaccio, spero me ne sia stato grato, prima della vera domanda per la quale sono andato. Sono arrivato all’incontro con una buona dose di ammirazione e rispetto, avrei gradito fosse ridimensionata; prima le scuse, poi la cordialità da compagno di classe, nessuna distanza nella conversazione ed il rigore che traspare nel metodo ma non certo nella relazione. Infine la pazienza con la quale mi racconta la sua storia professionale. Un racconto che in questi anni sarà stato costretto a fare decine di volte.

Prima di passare alla domanda, mi piace riferire che Pasqualino ha un uso chirurgico e preciso della parola. Poche volte ho visto tanta precisione nel linguaggio, in chi non usa la parola per lavoro. Ma probabilmente sono impreciso io in questo pensiero, perché è con le parole che si costruiscono i mondi. Con le parole li si immagina, e li si racconta per coinvolgere altri. Senza le parole non puoi esprimere umiltà e determinazione.

Comunque sia, oltre le parole, a me ha colpito per i sorrisi sinceri che hanno sempre anticipato le risposte, e penso che sia uno degli ingredienti con il quale ha tenuto insieme la squadra senza la quale, lui sostiene ed io credo, non avrebbe potuto raggiungere gli obiettivi raggiunti.

Eccola la domanda, finalmente, mentre sullo sfondo trionfa San Francesco: quale è il tuo rapporto con l’impossibile?

La risposta non la riporto, è scritta per sempre nel cuore di Palermo, adesso più vicino alla costa. La potete ascoltare sedendovi vicino al mare a pochi passi dal centro.

Trovi la video intervista integrale da Lunedi 4 Marzo su Made in Sicily.life

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