La Bibbia del puparo

La famiglia Argento custodisce e diffonde con cura la storia dei Pupi siciliani e tramanda da cinque generazioni l’arte della loro costruzione

In un vicoletto intitolato a Pietro Novelli, nel cuore di Palazzo Asmundo a Palermo, c’è un piccolo teatro colorato e strabordante di narrazione, dove si entra con riverenza, quasi fosse una chiesa, per ammirare e interagire con il grande patrimonio storico- antropologico rappresentato da pupi, manifesti, sfondi e scenografie teatrali. È il teatro di manovra siciliano della famiglia Argento, l’Opera dei Pupi, simbolo della tradizione siciliana, rito di passione, morte e vendetta, nelle sue caratteristiche essenziali, e “capolavoro del patrimonio orale e intangibile dell’umanità”, così definito dall’Unesco. 

 

 

Pupari da cinque generazioni, per comprenderne l’arte, la cultura, la storia della famiglia Argento, bisogna andare a ritroso sino a Vincenzo, detto Don Cecé, capostipite di una vera e propria dinastia “puparesca”, che nel 1893, ancora bimbo, giocando con mucchietti di legno, diede vita ai primi Pupi. 

La passione lo portò a imparare il mestiere sotto la guida di Pernice, antico puparo di Palermo, che gli insegnò l’arte della scultura del legno, l’incisione a sbalzo delle armature di rame e ottone, la pittura delle scene di fondo e le locandine. Con Don Cecé, che scrisse copioni e diede le voci ai personaggi, partecipò alla produzione e alla messa in scena degli spettacoli insieme a sua moglie, Provvidenza, mani d’oro nella realizzazione dei costumi, che partorì sul palcoscenico l’ultimo dei suoi sei figli, Giuseppe, mentre in scena il paladino Orlando Furioso, perdeva il senno, dopo avere letto i messaggi d’amore scambiati tra Angelica e Medoro, incisi sulla corteccia degli alberi.

Giuseppe, garantì la continuità generazionale, con suo figlio Vincenzo, figlio d’arte che ancora oggi, in modo del tutto artigianale costruisce i suoi pupi, mantenendo ancora viva l’Opra (abbreviazione usata dai pupari per Opera dei Pupi).

La famiglia Argento è considerata oggi in Sicilia una delle ultime famiglie di pupari. Di Don Cecè, immortale nel piccolo teatro nel cuore di Palazzo Asmundo, resta in eredità il testo antico su “La storia dei Paladini di Francia”, di Giusto Lo Dico, che nel 1903 riscrisse in prosa i testi chiave della letteratura cavalleresca rinascimentale quali il Rinaldo di Tasso, il Mambriano di Cieco da Ferrara, l’Orlando Innamorato di Boiardo, l’Orlando Furioso, I Cinque Canti di Ariosto e il Morgante di Pulci.

La chiamano la “Bibbia del puparo”, Nicola, Dario e Anna Argento, pronipoti di Don Cecè, che, cresciuti a pane e Carlo Magno, Orlando, Rinaldo, Angelica e Gano di Maganza, nel 1999, hanno inaugurano il Teatro Argento, al piano terra di Palazzo Asmundo, una delle dimore tardo-barocche più rappresentative e belle di Palermo.

 

 

Ed è in questa nicchia felice, avvolta da colori intensi e da magiche creature e alchimie, che si riflette il sentimento di appartenenza dei siciliani. Chiuse le porte e spente le luci, si entra nel magico mondo dei pupi di legno che vestiti, lucidati e adornati da scintillanti armature ci rimandano alla grande letteratura dei poemi cavallereschi, all’antica chanson de geste francese e alle opere chiave del Rinascimento: Morgante di Luigi Pulci, L’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo e l’Orlando furioso, di Ludovico Ariosto. 

 

Si apre il sipario dell’Opera. Il battito dei pupari è quello dei pupi, così come il passo, riecheggiano le voci dei personaggi e lo sferragliare delle spade nei combattimenti. Inizia l’incanto dell’Opera dei Pupi, ammantata di fascino e di valore della tradizione orale siciliana, dove si riaffermano il trionfo del bene sul male, della giustizia sull’ingiustizia, della vita sulla morte.

“E’ una missione, una passione, un mestiere. Sono cresciuto tra pupi e pupari, – racconta Nico Argento – con i miei fratelli Dario e Anna, e da qualche anno anche con mio nipote, Vincenzo, abbiamo mantenuto viva la tradizione del mio bisnonno, Don Cecè. I nostri pupi realizzati artigianalmente sono alti 90 centimetri  e pesano circa 8 chili. Le ginocchia sono articolate e un filo, collegato alla verga del suo braccio destro, corre dal pugno al filo della sua spada così da poterla sfoderare con velocità e maestria. Siamo gli unici a manovrare i pupi senza il braccialetto di cuoio, che ne impedisce il movimento, dipingiamo a mano manifesti e scenografie, ceselliamo scudi e lucidiamo armature. Mia sorella, così come la bisnonna Provvidenza, ricerca antichi tessuti per cucirne i costumi.  

 

Il puparo è una figura completa, ricercata e complessa. Scriviamo i testi delle scene dei Romanzi, aggiorniamo e raccontiamo la forte identità storica e artistica dell’Opera dei Pupi. La ricerca di antichi volumi di poemi epici e lo studio per riadattarne i testi, richiede una conoscenza storica approfondita. Negli ultimi anni -conclude Argento- il Teatro dell’Opera dei Pupi si è riadattato ed evoluto, rispondendo alla richiesta di attualizzazione del patrimonio orale.  I valori di giustizia sociale si incarnano nell’impegno antimafia dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e nei grandissimi valori etici di Don Pino Puglisi, ucciso a Palermo il giorno del suo 56°compleanno. Sono rappresentazioni toccanti, dove la comprensione dei fatti diventa di facile lettura. Siamo orgogliosi del nostro mestiere”.

 

Tutti i giorni, alle 17,30 si può assistere all’Opera dei Pupi al Teatro Argento, in via Pietro Novelli 1, Palermo. E’ possibile assistere alla lavorazione dei pupi nel laboratorio della famiglia Argento.

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