“…della verità bella e della lanterna di Aristotele…”

Nell'idea dei panormiti lo spaghetto con il riccio di mare è più che buono. È "bello"

Il “bello” evidenzia qualcosa che supera la nutrizione per toccare il godimento estetico, la perfezione della forma armonica del sapore, l’estasi organolettica.

 

“Bellaverità!”

Anche la verità – a volte – ha la bellezza di certi sapori.Insomma, non facciamo filosofia e mettiamoci ai fornelli…La più importante necessità è il reperimento della materia prima.

 

Dovete sapere che il riccio di mare è l’unico essere che, pur essendo”punciutu”, mai qualcuno l’ha accusato di far parte di “Cosa Nostra”. Questo non significa che tutto il mondo subacqueo e sopracqueo non gli dia la caccia. Il primo problema è trovarlo fresco e non congelato due anni prima in Cile o, peggio ancora, inscatolato come fosse caponata.Eccolo, allora, quell’echinoderma con esoscheletro a simmetria radiale (ma perché la scienza complica ogni cosa?).

 

A vederlo così, da vicino vicino, non potrebbe dirsi che sia una delle più pregnanti metafore della donna.Aculei forti e penetranti proteggono un corpo all’apparenza inviolabile.Ma se hai capacità e sai come farti strada in quella corazza, ti si aprono gonadi brillanti come corallo: una stella rossa e succosa con l’aroma infinito del mare. Solo le ricce femmine sono quelle che contano. Ma questo in Sicilia è normale…

 

La bocca delle ricce si chiama “Lanterna di Aristotele”.Adesso mi chiederete perché e io devo rispondervi : “Facciamo cucina o filosofia?” Insomma… Vi basti sapere che il vecchio scopritore della Logica vedeva in quella fessura dentata qualcosa che gli ricordava la sua lanterna. Io avevo un amico che vi vedeva un intero lampadario. Tutto è relativo…

 

Ogni bocca di femmina porta la luce della verità. Così la pensava il filosofo.Per questo i siciliani pensano che la verità sia bella…Allora, vogliamo tornare in cucina?Fate scaldare in una padella l’olio d’oliva a fuoco lento e buttatevi dentro l’aglio camiciato. Vi sono diverse scuole di pensiero sul rapporto tra l’aglio e la polpa di riccio.Non fidatevi di chi vi impuzza quelle gonadi supreme con aromi da alitosi.Fate rosolare aggiungendo il vino fino all’evaporazione per creare una base cremosa.Spegnete il fuoco. Integrate la salsa con solo due cucchiai di riccio e mescolate.

 

In una pentola con molta acqua ed un cucchiaio di olio avrete bollito la pasta.Togliete gli spaghetti in ebollizione almeno un minuto prima della cottura. Diffidate di chi vi cala lo spaghettino.Il vero cuoco cala quello grosso e di grano duro.Amalgamate la pasta con la salsa fino a quando non vi sarà più liquido in padella.A quel punto prendete non più di cinquanta grammi di pasta e ponetela al centro del piatto.

 

Potete utilizzare una formina per fare una scenografica piramide. Su quella piramide – ancora fumante ma non bollente – versate almeno due cucchiai ricolmi di polpa di riccio. Il prezzemolo tagliato fresco e la spolverata di pepe a grani sono obbligatorie. Ecco tutto. La semplicità ci avvicina alla perfezione.

 

Un’ultima raccomandazione.

Quando vedrete la vostra commensale assaporare quel divino pasto, non chiedetevi se quella bocca vi dirà la verità né, come Aristotele, se per il dopo cena essa (la bocca) vi servirà da lanterna…

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