É attorno all’idea di un gioco di rimandi tra interno ed esterno, reale e immaginario, che si sviluppa “Linee d’acqua. Il mare nella Tonnara”, personale dell’artista originario di Castell’Umberto, in provincia di Messina, dove è nato nel 1947. Un percorso espositivo formato da un corpus di ventinove opere, fondato sulla ricreazione ideale e simbolica di “circuiti d’acque” che uniscono la realtà del mare e la poetica mediterranea, elemento che connota l’espressività artistica di Salvatore Caputo.
Il vernissage, mercoledì 10 agosto alle 18:30 negli spazi della Tonnara Bordonaro, al civico 9 dell’omonima piazza della borgata marinara di Vergine Maria. Una location che, solo di recente, ha recuperato il proprio ruolo di polo culturale e sociale dopo un lungo periodo di inattività.
Si tratta di una delle tre antiche strutture e di alto valore culturale all’interno delle quali opera il Gruppo Zaharazi – le altre due sono la Tonnara Florio e la Tonnara dell’Orsa, ognuna con oltre cento anni di storia – puntando alla valorizzazione del territorio attraverso la rielaborazione strutturale e turistica dei siti scelti.
La mostra, visitabile fino al prossimo 10 settembre con ingresso gratuito, rappresenta una straordinaria opportunità per conoscere e approfondire l’opera di Salvatore Caputo che, sin dalle prime esperienze nel mondo dell’arte, negli anni sessanta, manifesta la volontà di intraprendere una ricerca espressiva profonda e minuziosa, che lo accompagnerà coerentemente lungo tutto il cammino creativo, spesso contrassegnato da un’ampia varietà di linguaggi.
Laureatosi alla Facoltà di Architettura a Palermo nel 1974, è un artista poliedrico e fecondo, come testimonia la sua ricca produzione che include grafica, medaglistica, scultura e pittura.
In “Linee d’acqua. Il mare nella Tonnara”, complice il magnifico panorama, offre allo spettatore la complessità di una visione sospesa tra reale e immaginario, concretezza e dimensione onirica.
Un intreccio per nulla scontato e non sempre visibile, a ricordare con forza l’insularità della Sicilia: sotto ogni cosa, anche quella apparentemente più strutturata e stabile, l’elemento principale è sempre l’acqua.
Il silenzio e la luce si incontrano, omaggiando il paesaggio di un’isola “ipnotica” che rimane centrale nell’evoluzione dell’arte figurativa di Salvatore Caputo, capace come pochi di indurre l’osservatore a compiere un itinerario interiore all’insegna della spiritualità e dell’introspezione.
Terra e cielo, scenari lussureggianti e inquietudini notturne restituiscono allo spettatore una Sicilia dal fascino abbacinante e senza tempo. La stessa – declinata però attraverso sfaccettature diverse – che nei mesi scorsi aveva incantato il pubblico nell’ambito di un’altra sua personale, dal titolo “Per vie di sapidi cristalli. Visioni pittoriche tra mare e sale”, tenutasi al Museo Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea Riso a Palermo e dedicata alle saline della Sicilia occidentale.
Non a caso, le opere più recenti di Salvatore Caputo – che nel 2014 ha festeggiato il cinquantesimo anno di attività artistica con una serie di antologiche – esprimono una rielaborazione continua dei grandi temi che animano la classicità mediterranea.
Molte sue opere sono conservate presso collezioni private e pubbliche, sia in Italia che all’estero.