Macchina fotografica, sigaretta e frangetta sbarazzina sui capelli rossi che nel tempo hanno abbracciato i colori dell’arcobaleno. Basterebbe questo per descrivere Letizia Battaglia ma mancherebbe un tassello importante: Palermo. Letizia è un’artista, un’icona pop, una coraggiosa combattente, una “soldatessa”, come a volte si definiva lei stessa. Letizia è stata e sarà sempre un simbolo di Palermo, un punto di riferimento, una bandiera nel lungo percorso di testimonianza, denuncia e liberazione dalla mafia. Il rapporto viscerale con la città non si è mai interrotto nonostante le sue “fughe”. Ha raccontato attraverso le sue immagini crude e drammatiche gli “anni di piombo” palermitani, la “guerra civile” degli anni Ottanta, ma anche i quartieri, le bambine, la miseria, le feste, i balli e le donne, quella parte del mondo che per l’artista era incapace di creare guerre e conflitti.
“Sono una persona, non una fotografa. Le mie foto non esaltano il male, lo raccontano attraverso la bellezza. Per me la disperazione è bellezza, la sconfitta è bellezza, la cattiva sorte è bellezza”, diceva di sé e del proprio lavoro.
Era nata a Palermo il 5 marzo 1935, si era sposata a sedici anni per sentirsi libera dalla famiglia e dai vincoli patriarcali; inizia a fotografare nel 1969, a 34 anni, collaborando con il giornale palermitano L’Ora (dal 1974 al 1991), l’unica donna tra colleghi uomini in redazione. Nel 1970 si trasferisce a Milano dove inizia la sua carriera per la rivista Time: prima foto, Pier Paolo Pasolini.
Quattro anni dopo rientra a Palermo e insieme a Franco Zecchin fonda l’agenzia Informazione fotografica frequentata da Josef Koudelk e Ferdinando Scianna, per ripartire dopo la strage di Capaci nel 1992 “disgustata dalla violenza”. Lei che era sempre la prima ad arrivare suoi luoghi dei delitti mafiosi, lei che il sangue lo conosceva bene, era arrivata al limite. Ma dopo una pausa era rientrata a Palermo.
È stata ovunque, ha scattato ed esposto in tutto il mondo: al Centre Pompidou a Parigi, al Maxxi di Roma. E anche a Venezia, Budapest, in Gran Bretagna, America, Brasile… È stata la prima fotografa europea a vincere nel 1985 – ex-aequo con l’americana Donna Ferrato – il prestigioso Premio “Eugene Smith” a New York, intitolato al fotoreporter di Life. È stata attiva anche in politica, consigliera comunale con i Verdi, assessore alla cultura con il sindaco Leoluca Orlando e deputata regionale. Ha avuto pure delle esperienze come attrice nei film Palermo Shooting di Wim Wenders e La mafia non più quella di una volta di Franco Maresco.
Letizia è andata via a pochi giorni dalla messa in onda di una fiction Rai in due puntate, il 16 e il 23 maggio, dirette da Roberto Andò, in cui l’attrice Isabella Ragonese interpreta la sua vita ribelle, irrequieta, scandalosa per i tempi. La fotoreporter è riuscita però a realizzare il sogno di creare a Palermo, il Centro Internazionale di Fotografia, ai Cantieri culturali della Zisa.
Come ha ricordato la figlia Shobha, Letizia Battaglia “viveva di futuro”. Ha lottato fino all’ultimo contro la malattia e le sofferenze fisiche, senza mai fermarsi, pensando sempre al lavoro e preparando viaggi:
“La morte? Non la considero, non la penso – diceva – Arriva? Arrivederci…I miei nipoti, pronipoti, le mie figlie, che sono una parte di me: rimarranno. Come le mie foto, che spero saranno una testimonianza degna della storia. Per cui: no. Io non morirò”.