“Si è spenta serenamente”, ha scritto in una nota Buckingham Palace che alle 19.31 ore italiane, ha diffuso la notizia della scomparsa di Elisabetta II avvenuta nel castello di Balmoral, in Scozia.
Una vita straordinaria quella di Elizabeth Alexandra Mary, figlia maggiore di re Giorgio VI salito al trono nel 1936 dopo l’abdicazione di Edoardo VIII. Un’esistenza che ha attraversato due secoli e le ha permesso di incontrare le più grande personalità. Diventa regina nel 1952, a soli 26 anni, quando Winston Churchill era capo di Governo, Truman presidente degli Stati Uniti, Stalin al Cremlino e Pio XII Papa. Ha conosciuto 15 Premier britannici, 7 Papi, 14 Presidenti americani; è stata con serietà, costanza e solidità, una pietra miliare per l’architettura del Regno Unito.
Her Majesty Queen Elizabeth II non è stata solo Capo dello Stato ma Capo della Nazione, una posizione psicologica particolare, diversa da quella del presidente della Repubblica, non solo perché era una monarca anglosassone, ma per la profonda autorevolezza con cui ha saputo interpretare il suo ruolo, sempre rispettosa degli altri culti.
In una società colorata e multiculturale come quella britannica ha avuto l’abilità di tenere insieme tutti e da tutti è stata amata. Oggi l’onda antimonarchica è assai flebile rispetto al passato.
Straordinario senso del dovere, battuta pronta, sobrietà, sottile umorismo tipicamente inglese, buonsenso, questo era Elisabetta, che amava l’equitazione, guidare la sua Land Rover, andare a cavallo, leggere libri di storia e i gialli di Agatha Christie e stare in compagnia dei suoi adorati cani corgi. Il motto che ha guidato l’intero arco della sua vita e del suo trono era: “Never complain, never explain”, mai lamentarsi mai dare spiegazioni.
Sempre impeccabile nelle decisioni anche difficili, di lei si ricorda una sola sbavatura, quando alla morte di Lady Diana, madre del futuro erede al trono William, tardò a comprendere quanto stesse accadendo a Londra e a rientrare dalle sue vacanze per i funerali. L’Inghilterra soffriva per la morte della “principessa del popolo”, un dolore profondo e corale e la sua assenza era incomprensibile. Ma consigliata da Tony Blair s’inchinò al passaggio del feretro salvando la sua immagine e quella della famiglia reale.
God save the Queen.
Capo dei 15 reami del Commonwealth, prima sovrana inglese a essere raffigurata sulle banconote, ritratta dai più grandi artisti del suo lungo trono, appassionata di caccia, del Grand National – il concorso ippico più seguito dagli inglesi – e di pesca al salmone in Scozia. Innamorata di Filippo Mountbatten, suo marito, quel giovane biondo alto, con gli occhi azzurri, conosciuto da adolescente, principe di Grecia e Danimarca ma senza senza regno, che la chiamava confidenzialmente Lilibet, e diventato, come lei stessa disse pubblicamente, “la sua forza e il suo sostegno”. Un matrimonio d’amore allietato da quattro figli, Carlo, Anna, Andrea ed Edoardo – che nel tempo hanno dato non pochi problemi e scandali – un legame lungo ottant’anni che li ha visti morire a poco più di un anno di distanza.
Complessa e mai prevedibile, di poche parole, dal fare vellutato, diplomatica e gentile, ha sempre dimostrato in modo sottile la sua immensa forza. Non era una donna fragile e lo ha dimostrato sapendo gestire il suo ruolo e diventando un’icona. Oltre i codici e le mode, il suo stile si è imposto non per stupire ma per rassicurare.
Non dimenticheremo gli outfit indossati con grazia irripetibile, molto country sid,e i giacconi, le gonne in tweed, maglioni in lana grossa, gli impermeabili e i fazzoletti annodati sotto il collo che indossava nelle uscite più informali. Al tempo stesso erano ultra eleganti le scelte per gli incontri istituzionali: borsette sempre dello stesso modello, tailleur color pastello, i foulard, le perle, le spille di diamante portate a sinistra, i guanti, gli ombrelli e le preziosissime tiare.
Grande personalità quella di Elisabeth, sempre sorprendente, sempre moderna nel suo essere tradizionale, sempre perfetta.
Semplicemente The Queen.