Sono tante le eredità che ci porteremo dietro dopo questo periodo pandemico, tra cui una in particolare: quella di immaginarsi molte volte altrove. Una fuga dal quotidiano, una voglia di evasione per non vedere le stesse pareti dove siamo stati costretti per tanto tempo a una convivenza forzata con gli altri e noi stessi, senza alcuna valvola di sfogo.
In questi due anni ognuno di noi ha adottato i propri escamotage. Chi ha preferito far accompagnare le proprie evasioni dai personaggi delle serie tv o cucinando.
Chi, come me invece, ha dedicato quel tempo all’improvviso “in eccesso” per fare un po’ di ordine. E per me è stata la libreria dentro casa, risultato di anni di accumulo smanioso di libri, riviste, cataloghi e materiali di cui forse solo il 30% ho effettivamente letto e studiato per bene.
E tra sensi di colpa per non aver dedicato la giusta attenzione a quell’infinità di materiali selezionati e la voglia di recuperare al più presto questo tempo perduto, ecco che il catalogo delle opere di Marisa Battaglia, regalatomi tempo prima dalla stessa artista, si apre tra le mie mani.
Ed è un’evasione.
Quadri dove l’acqua è raccontata nella sua purezza di colori, è sempre serena, ora nella forma di fiume, ora nella forma di mare. E lì dove c’è il presidio umano, Marisa non lo ignora: come osa essere lì nel mondo reale, deve osare ad essere lì nel dipinto.
Decido a distanza di mesi di chiamare Marisa, farmi raccontare meglio come tutto sembra essere disposto per fare pace con me e tanti altri fruitori nei suoi quadri.
“Attorno ai trent’anni ho iniziato a dipingere da autodidatta, mettendo all’inizio tanti colori insieme, tra l’informale e l’impressionismo. Poi ho sentito l’esigenza di migliorarmi e ho iniziato a fare dei percorsi, come l’iscrizione all’Accademia di Belle Arti di Palermo presso la Scuola Libera di Nudo e dei corsi di disegno dal vero e di pittura”.
Ed è il disegno, lo studio accademico, che riesce a liberare Marisa con il pensiero e le pennellate. “Mi ha aiutato molto ad ampliare il mio panorama artistico, soprattutto il confronto con i colleghi”.
Il primo quadro dove Marisa si ritrova, obiettivo e sentimento coincidono, è la tonnara dell’Orsa. “Architettura del ‘500 che esiste nella costa che va verso Punta Raisi, antica tonnara dei Benedettini che nel tempo è stata abbandonata. Adesso è stata recuperata ed utilizzata per eventi privati ed intrattenimenti, è diventato un bel luogo ma io lo avevo adocchiato da prima per la sua bellezza unica”.
E Marisa, la bellezza, la intercetta, la ferma, la reinterpreta, e ne è anche parte attiva. Lo dimostrano i numerosi lavori ed interventi per il fiume Oreto, il suo luogo del cuore, quello di cui ad oggi i Palermitani non conoscono la bellezza e le potenzialità perché ciechi a causa dell’incuria.
Marisa racconta il bello del fiume, ci apre gli scenari e ci aiuta a capire cosa l’Oreto è in grado di regalarci.
“Nei tratti medi del fiume, anche se c’è questa forma di inquinamento dentro l’acqua, ho voluto rappresentare la bellezza del paesaggio che sicuramente è anche la forza di questo fiume. Se non fosse così bello da vivere, penso che non attrarrebbe la nostra attenzione, il nostro interesse. Invece è proprio nella sua immensità di colori, profumi, anche nella varietà botaniche che lo rende così bello e affascinante, secondo me è giusto evidenziare questo aspetto paesaggistico naturalistico. Lì la licenza di dipingere è stata più rivolta verso la bellezza piuttosto che non verso la bruttezza, che comunque c’è”.
L’ha sposato il fiume Marisa, vorrebbe vederlo rinascere così come sgorga al livello delle sorgenti: esce puro, e noi lo abbiamo deturpato, inquinato e sporcato. E ce ne lamentiamo pure di questa discarica a cielo aperto, anche se è colpa nostra.
Tante le iniziative, come quella di Oreto d’Arte con le numerose attività e laboratori in cui la comunità è stata convolta, grandi e piccini.
Attivismo e poliedricità sono i motori di Marisa Battaglia, la quale ha anche progettato una linea di capi di abbigliamento, tra cui borse, foulard, vestiti dove i suoi quadri si indossano, girano tra di noi, raccontano la bellezza di cui siamo fortunati, ma di cui non ci accorgiamo dell’esistenza.
Ma il suo lavoro sprona ad evadere, e non solo attraverso le sue tele, ma direttamente in quei luoghi che lei con maestria rappresenta, e che sono tutti da scoprire e tutelare.